Dal nazismo all'Islam: la seconda vita di numerosi gerarchi del Reich

StoriaDal nazismo all'Islam: la seconda vita di numerosi gerarchi del Reich

di Alessandra Boga

E’ storicamente accertato il legame tra nazifascismo e parte del mondo islamico. Ora si aggiunge un nuovo tassello a questo legame, con una rivelazione del Centro Simon Wiesenthal diffusa dalla rivista americana Foreign Policy: i “cacciatori di nazisti” appartenenti all’organizzazione ebraica sostengono che uno dei più feroci gerarchi del Reich, di nome Alois Brunner (foto), sarebbe nascosto in un lussuoso hotel siriano, protetto dal presidente Bashar al-Assad in persona. L’uomo, che oggi dovrebbe avere centouno anni, è stato visto proprio in Siria l’ultima volta nel 2001, e si troverebbe ancora lì. L’auspicio è naturalmente quello di trovarlo ed assicurarlo alla giustizia com’è stato per Erich Priebke.

Responsabile dello sterminio di più di 130 mila ebrei fra Salonicco e Parigi (sterminio del quale si è tutt’altro che pentito, stando ad alcune sue agghiaccianti dichiarazioni rilasciate negli Anni Ottanta), Brunner era amico personale di Hafez al-Assad, padre di Bashar. Dal defunto dittatore siriano, l’ex nazista venne impiegato per la creazione e l’addestramento delle squadracce di regime sul modello della Gestapo.

A Damasco si troverebbero altri due ex gerarchi che hanno collaborato con il regime degli Assad: Theodor Dannecker e Karl Rademacher. Il primo organizzò la “grande rafle”, il grande rastrellamento dei ghetti di Parigi e di Roma, mentre il secondo era luogotenente di Adolf Eichmann in Germania e in Olanda. Rifugio in Siria aveva trovato anche Karl van Kynast, morto a Suez nel 1967, combattendo Israele. Altri ex nazisti e neonazisti collaborarono con l’Olp e Al-Fatah di Yasser Arafat.

Diversi si convertirono addirittura all’islam, dopo essere riparati in Egitto.Tra loro Altern Erich, persecutore degli ebrei in Galizia: negli Anni Cinquanta assunse il nome di Ali Bella e si dedicò all’addestramento dei miliziani palestinesi; Leopold Greim, che era stato a capo della Gestapo in Polonia, dopo la guerra fuggì anch’egli in Egitto dove prese il nome di Ali el-Nahar e lavorò per il regime filo-nazifascista di Gamal Abdel Nasser.

Oskar Dirlewanger, sterminatore di ebrei ucraini, fu addirittura guardia del corpo del dittatore egiziano. Per quest’ultimo lavorarono anche altri ex nazisti, il più conosciuto dei quali è Johann von Leers (divenuto Omar Amin dopo la conversione all’islam), il quale fu ricevuto con tutti gli onori persino dal noto militante nazista Haj Amin al Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme.

Il medico Heinrich Willerman, uno dei più efferati esecutori degli esperimenti a Dachau, fece a sua volta fortuna nel Paese nordafricano; Kurt Baurnann, ex kapò nel ghetto di Varsavia, si riciclò entrando nel ministero della Guerra del Cairo e addestrando cellule del Fronte per la liberazione della Palestina; dopo aver comandato la Gestapo di  Düsseldorf, l’ex gerarca Joachim Daemling diventò uno dei responsabili del sistema penitenziario egiziano.

In Egitto fuggì anche Aribert Heim, soprannominato “Dr. Tod”, “Dottor Morte”, famigerato per il suoi letali esperimenti nei campi di sterminio di Buchenwald, Sachsenhausen e Mauthausen, eseguiti cronometrando sadicamente l’agonia dei condannati a morte. Egli divenne il barbuto Tarek Hussein Farid, che frequentava quotidianamente la moschea e leggeva il Corano in tedesco.

La lista di nazisti convertiti all’Islam potrebbe continuare con altri nomi “eccellenti”. Per esempio chi crediamo che abbia tradotto in arabo il “Mein Kampf” di Hilter, tutt’oggi un bestseller da quelle parti? Niente meno che l’ex comandante delle guardie del corpo del Füher, Ludwig Heiden, diventato Luis el-Hadj dopo la conversione in Egitto.

 

2 commenti 

  • da Mara Marantonio Per chi ha un minimo di dimestichezza con la storia del Medio Oriente, quanto affermato in questo brano non è una novità, anche se è bene ribadirlo. E' grave che sia un argomento tabu, che la pubblica opinione, intossicata da decenni di propaganda anti-israeliana, non ne voglia sapere nulla; che i cosiddetti intellettuali facciano orecchie da mercante, abbagliati dalla "causa palestinese", fingendo di non sapere chi fosse il Gran Muftì Haj Hamin al Husseini, venerato da Arafat, che gli era nipote per parte di madre, prima,e da Abu Mazen, poi.Scandalizza infine che, nei cortei di celebrazione del 25 aprile, si contesti la bandiera della Brigata Ebraica (che liberò diversi centri della Romagna),ma si porti in trionfo la bandiera palestinese, il vessillo degli amici di Hitler.
  • da silvana de mari ottimo articolo

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