Rifiutando il riconoscimento non si fa proprio il gioco dei nazisti?

StoriaRifiutando il riconoscimento non si fa proprio il gioco dei nazisti?

di Alessandra Boga

Una storia che avrebbe potuto gettare un significativo seme di pace, si conclude invece lasciando l’amaro in bocca.

Per la prima volta un arabo, di religione musulmana, è stato riconosciuto da Israele Giusto tra le Nazioni per aver salvato assieme a sua moglie alcuni ebrei durante la Shoà, ma la famiglia dell’uomo rifiuta il premio perché “proviene da Israele”.

Lui era il Dr. Mohamed Helmy, nato a Karthoum nel 1901 da una famiglia egiziana. Nel 1922 si stabilì a Berlino e iniziò a studiare Medicina. In seguito lavorò per l'Istituto Robert Koch, che si occupava della “politica medica” nazista, ma venne licenziato nel 1937. Anche lui fu discriminato perché non apparteneva alla cosiddetta “razza ariana”: per i nazisti egli era un camita o camitico (cioè discendente di Cam, figlio di Noè), ad indicare così, in maniera spregiativa, secondo l'indottrinamento della scienza razziale del XIX secolo, i nord-africani, egiziani compresi, le persone provenienti dal Corno d’Africa e dall’Arabia del sud.

A Mohamed venne impedito di esercitare nella sanità pubblica e anche di sposare la sua fidanzata tedesca Frieda Szturmann, oggi anche lei Giusta tra le Nazioni.

Il medico venne arrestato nel 1939 con altri egiziani, ma rilasciato l’anno seguente per le sue precarie condizioni di salute.

Ormai critico del nazismo, si prodigò per nascondere l’amica ebrea Anna Boros Gutman, 21 anni, di cui conosceva la famiglia. Le trovò rifugio a Buch, vicino a Berlino, e cambiandole di volta in volta nascondiglio quando il pericolo era maggiore ed eludendo gli interrogatori, riuscì a far rimanere al sicuro la ragazza fino alla fine della guerra. “Il Dr. Helmy fece tutto ciò per me nella generosità del suo cuore e gli sarò grata per l’eternità”, scrisse di lui Anna.

Poté anche a mettere al sicuro Julie, la madre della ragazza, il fratellastro Georg Wehr, e la nonna Cecilie Rudnik, facendoli rimanere per un anno a casa della fidanzata Frieda Szturmann. Lui, come medico, si occupava anche dell’assistenza sanitaria dei quattro amici.

Purtroppo nel 1944 la famiglia ebrea venne catturata e, dopo un terribile interrogatorio, fu costretta a rivelare che stava ricevendo aiuto da Mohamed e che lui nascondeva Anna. Il dottore allora portò la giovane a casa della fidanzata e per miracolo riuscì a sfuggire alla vendetta nazista.

Alla fine Mohamed e Frieda poterono salvare queste quattro persone, che dopo la guerra emigrarono negli Stati Uniti ma mai dimenticarono i loro salvatori. Tra gli Anni Cinquanta e Sessanta la famiglia sopravvissuta scrisse al Senato di Berlino per rendere nota la storia; quelle missive sono state scoperte in archivio e consegnate di recente al Dipartimento di Yad Vashem dei Giusti tra le Nazioni.

Ora Mohamed e Frieda, che al termine del conflitto riuscirono finalmente a sposarsi, non ci sono più: lei morì nel 1962, lui vent’anni dopo. Di certo, però, non verranno dimenticati da Israele.

Evidentemente invece è quanto vorrebbero i familiari di Mohamed Helmy, i quali, quando hanno ricevuto la notizia del riconoscimento al loro defunto congiunto, hanno rifiutato.

Saremmo stati felici di ricevere un’onorificenza alla memoria di Helmy da qualsiasi altro Paese” ma non da Israele, ha dichiarato all’Associated Press Mervat Hassan, moglie velata del pronipote del coraggioso medico egiziano. Nonostante Camp David infatti, le relazioni tra l’Egitto e lo Stato ebraico restano “ostili”, ha ricordato la donna dalla sua casa al Cairo. Inoltre, ha spiegato: “Helmy non si occupava di una certa nazionalità, di una razza o di una religione, aiutava i suoi pazienti e basta”. In realtà questa è esattamente la ragione per la quale la famiglia del dottore egiziano dovrebbe accettare l’onorificenza, ma è chiaro che loro non la pensano così. Sono i primi a disconoscere il coraggio e il valore del loro caro e di sua moglie.

 

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