LibriMusica e cervello 2
di Elena Lattes
Più o meno tutti, indipendentemente dal nostro back ground culturale, abbiamo sperimentato su noi stessi che la musica evoca sensazioni a volte anche molto forti ed è altrettanto noto che il nostro cervello è, non solo influenzabile, ma addirittura plasmabile da ogni sorta di stimolo esterno.
Su questa tesi abbiamo già avuto modo di riflettere attraverso la lettura e la recensione di diversi libri, quasi tutti pubblicati dalla Zecchini Editore. Fra questi, almeno un paio sono stati scritti da Antonio Montinaro, neurochirurgo, presidente e organizzatore di alcuni congressi nazionali e del Corso di Neuroendoscopia all’università di Lecce, il quale è recentemente tornato sull’argomento in “Musica e cervello 2. Emozioni, genetica e terapia”.
Riportando numerose citazioni ed esempi vissuti, l’autore dimostra che le cause di questa stretta correlazione sono di natura biologica e neurologica e non dipendono dunque dalla nostra educazione.
Uno studio condotto da ricercatori canadesi da lui riferito, ad esempio, ha dimostrato che far partecipare i neonati a lezioni interattive durante le quali i piccoli, accompagnati dai genitori, sono stati stimolati a realizzare suoni battendo su strumenti a percussione, hanno migliorato la positività e le capacità sia cognitive che comunicative. In altre università hanno scoperto che l’attività ludico-musicale influisce positivamente anche sulla frequenza cardiaca, sulla saturazione e sul desiderio di alimentazione nei prematuri.
Far ascoltare alcune opere classiche può essere utile e importante anche nella cura degli ammalati adulti, può calmare le nevrosi e può aiutare anche i DSA (dislessici, discalculi e disgrafici) e tutti coloro che hanno difficoltà di apprendimento. A questo proposito è emblematica la proposta del ministro dei trasporti tedesco che nel 2010 presentò un cd dal titolo “Adagio in automobile” con la registrazione del concerto per pianoforte n. 21 di Mozart per indurre un effetto calmante sugli automobilisti.
La musica è anche in grado di risvegliare capacità cerebrali “addormentate”, poiché ascoltare “significa mettersi in condizioni di decodificare ciò che è oscuro, confuso o muto, per far apparire alla coscienza il “di sotto” del senso (ciò che è vissuto, postulato, voluto come nascosto)”.
La musica “lenta e armonica con pochi strumenti a percussione stimola il sistema parasimpatico con un aumento della frequenza delle onde alpha che portano al rilassamento muscolare, alla diminuzione della pressione sistolica...” e della frequenza respiratoria. Il musicoterapeuta Filippo Massara “sostiene che se interrompessimo la nostra giornata lavorativa con due brevi momenti (10/15 minuti ciascuno) dedicati all’ascolto delle musiche che amiamo, accompagnato con alcuni semplici esercizi respiratori e mentali, saremmo in grado di accettarci meglio e accetteremmo meglio gli altri, vivremmo in poche parole a livelli di stress molto più bassi...”
Naturalmente, però, non tutta la musica è uguale: il rock, il rap il trap e simili, al contrario, spesso stimolano negli adolescenti comportamenti rischiosi conducendo i giovani a non considerare gli effetti devastanti del consumo di alcool, marijuana e altre droghe.
Esiste dunque una musica buona e una cattiva. Cattiva perché i cantanti visti come idoli e immagini-simbolo “trasmettono frequentemente messaggi di trasgressione estrema sia con le loro musiche che con la loro vita, talora conclusasi tragicamente.”
Se è vero che la musica è un forte stimolo per chiunque, è altrettanto dimostrato che il rapporto che il nostro cervello ha con essa non è uguale per tutti, ma dipende dal corredo genetico, dalla sensibilità specifica, dall’allenamento e soprattutto dall’educazione all’ascolto: “Ognuno di noi è contraddistinto da specifiche caratteristiche e peculiarità sonore, quasi una vera e propria impronta sonora che contiene i modelli sonori ereditati ontogeneticamente e filogeneticamente.”
Diverse ricerche sono attualmente in corso e numerosi sono i quesiti in merito ancora senza risposta, ma al momento non è stato trovato altro mezzo di comunicazione che sia in grado di provocare reazioni emotive altrettanto forti. Per questo il dottor Montinaro si rammarica che nel nostro sistema d’istruzione manchi l’insegnamento della musica, relegato a pochissime ore nella scuola media e agli istituti specifici come i conservatori.
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