LibriIl mito e il sacro in Richard Wagner
di Elena Lattes
Nell’antichità, soprattutto in Europa, molte popolazioni si affidavano ad alcuni miti per raccontare la loro genesi e in questi, un elemento quasi sempre ricorrente, era quello del sacrificio di una vittima innocente. L’antropologo francese René Girard ha affrontato ampiamente questo tema e, partendo dalle sue teorie, sia quella sul rapporto tra l’uomo, il suo desiderio e l’apprendimento che gli consente di sopravvivere, sia quella che analizza appunto i miti, con particolare riferimento alla cultura greco-romana e germanica, Pietro Tessarin, musicologo e impiegato all’Ufficio Stampa del Teatro La Fenice, affronta questo tema ne “Il mito e il sacro in Richard Wagner” pubblicato dalla Zecchini Editore.
L’uomo, mosso da un “inconscio persecutorio” avrebbe cercato in ogni epoca una vittima innocente da torturare e uccidere barbaramente sia anche per lavare i propri peccati, che, soprattutto, per risolvere il problema della violenza e ristabilire la pace all’interno della propria comunità, quando essa era devastata da conflitti e crisi interne. L’inconsapevole capro espiatorio sarebbe poi stato divinizzato, grazie alla capacità attribuitagli di riportare l’armonia. Anche nel Pentateuco è accennato a questa antica pratica, rotta definitivamente e clamorosamente con il comandamento “non uccidere”. “Tutte le grandi scene della Bibbia, percorse da Girard – come spiega Tessarin – vanno nel senso dell’abolizione o della diminuzione della violenza contro l’uomo, sul modello del mancato sacrificio di Isacco (...)”. È tuttavia nell’Orfismo, nelle sue ritualità, e nelle Baccanti di Euripide, in particolare nella tragedia dionisiaca, a cui sono dedicati i primi capitoli, che questo concetto è ampiamente espresso e che, secondo il musicologo viene totalmente ribaltato nei Vangeli, poiché Gesù si offre volontariamente e consapevolmente come vittima sacrificale.
Su queste diverse visioni della realtà si basano le opere di Wagner, il quale capisce il capovolgimento e inserisce molti elementi cristiani nei suoi drammi, ispirati ai testi del XIII secolo che trattavano i miti nibelungici, simbolo della cultura islandese e pre-germanica. Nietzsche, invece, suo grande amico, che in precedenza lo aveva preso a modello e, forse anche imitato, entra in polemica con lui, proprio a causa di questo suo “cedimento cristiano e dell’assoluta preminenza della cosiddetta morale degli schiavi nell’ultimo testamento musicale”. Una polemica lunga e asperrima, il cui apice è testimoniato dall’opera “Nietzsche contra Wagner” nella quale il primo usa “un linguaggio talvolta ingiurioso ed estremamente sprezzante”.
Nel volume sono contenute due interviste: la prima al filosofo Giuseppe Fornari riguardanti le sue critiche a Girard, una seconda al Maestro Quirino Principe, accademico di Santa Cecilia e docente universitario, sulla personalità wagneriana e sulla sua visione della mitologia.
L’autore poi offre alcuni esercizi di rilettura de “L’Anello del Nibelungo” nei quali ogni strofa riportata è spiegata e commentata e conclude con alcune riflessioni sulla diffusione della musica wagneriana in Russia.
Un libro complesso, difficile da afferrare fino in fondo se non si ha una solida cultura classica e storico musicale, ma che offre comunque diversi spunti di riflessione e stimola la ricerca e l’approfondimento. Purtroppo - ed è un vero peccato - il testo non è del tutto esente da alcuni atavici preconcetti promossi dall’antigiudaismo di stampo religioso e che si ritenevano superati dal Concilio Vaticano II e da tanti anni di impegno ecumenico profuso dalla grande maggioranza delle confessioni cristiane.
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