LibriMarianna Barbieri Nini I mezzi-successi, le semi cadute, le compiute sconfitte
di Elena Lattes
Può sembrare incredibile quanto a volte un solo articolo, tanto più se si tratta di uno scarno - e perciò ingiusto - necrologio relegato in una pagina di cronaca locale di un importante giornale, possa provocare una valanga inarrestabile fino a far entrare un’informazione sbagliata nell’immaginario collettivo di tante generazioni. La protagonista di una di queste storie è una cantante d’opera, nata a Firenze nel 1818 e morta nella stessa città poco più di 69 anni dopo: Marianna Barbieri Nini. Ella viene, infatti, ricordata a tutt’oggi come una delle artiste più brutte che la lirica abbia mai conosciuto. Sembra invece che non fosse affatto così, come ben dimostra Eduardo Rescigno nel suo lungo lavoro di ricerca pubblicato dalla Zecchini Editore che prende il titolo proprio dal nome della famosa artista. L’autore, infatti, parte dall’analisi dei due necrologi che hanno dato vita a questa osservazione inesatta e “poco elegante” (come la definisce lo stesso Rescigno) e prosegue riportando le considerazioni fatte successivamente da altre fonti a riguardo e sulle quali si basano perfino le brevi biografie riportate in testi autorevoli, come per esempio quelle presenti nel “Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti” e nell’”Enciclopedia dello spettacolo”. Insomma, l’aspetto esteriore della Barbieri ha subìto nel corso di poco più di un secolo e mezzo un processo che ricorda un po’ “il gioco del telefono” che si faceva da bambini: la parola o la frase di partenza nei vari passaggi viene totalmente stravolta.
Forse la cantante non era l’incarnazione di una Venere, ma dovrebbe essere ricordata più per la sua bravura e la sua voce meravigliosa che per le sue prestanze fisiche. Ella fu infatti un soprano eccelso per il quale Giuseppe Verdi scrisse appositamente tre ruoli: Lucrezia nei Due Foscari, Lady Macbeth e Gulnara nel Corsaro ma che cominciò la sua carriera interpretando le protagoniste delle opere di Donizetti. Gli inizi, racconta l’autore, furono disastrosi, ma dopo una lunga pausa, durante la quale fra l’altro si sposò con un nobile senese, riprese a cantare, ampliando il suo repertorio e diventando, tra alti e bassi, una delle artiste più acclamate della sua epoca. Rescigno riporta con estrema dovizia di particolari numerose recensioni piene di elogi entusiasti pubblicate su tanti giornali diversi: “La Barbieri-Nini fu encomiata pel suo metodo di canto eletto, per la sua bellissima voce di soprano…”; “La Barbieri-Nini era nuova nella parte d’Isabella, ed acquistossi meritati vivi applausi colla potente ed insinuante voce, e coll’eccellente suo canto”; “La Barbieri Nini che chiuse l’accademia colla cavatina dell’Ines, riempì tutti di sommo diletto così per la sua voce incantevole come per la precisione e l’accento che dispiegò nel difficile pezzo.”; “La Barbieri però fu grande per quel cantare suo puro, soave, argentino, che sembra scender dal cielo”; “il terzetto fra la Barbieri (Abigaille), che al suo comparire fu salutatata dalle più vive acclamazioni di lode,… l’aria della Barbieri applauditissima con tre chiamate”; “La signora Marianna Barbieri Nini seppe trarre dalla sua parte un effetto che finora non produssero in me altre cantanti, che ho udite altrove nel medesimo spartito.”
Il lavoro di ricerca e raccolta non mira però soltanto a sfatare un brutto mito. Il libro è anche una biografia della cantante, e un quadro del mondo della lirica a quei tempi. L’autore riporta tutte le opere, con i personaggi e la trama, in cui cantò la Barbieri Nini, una ricca e variegata corrispondenza, alcune fotografie, una corposa bibliografia, le schede dei periodici teatrali citati e una dettagliata cronologia.
Peccato soltanto che Rescigno, forse per chiarire meglio i concetti espressi, estragga alcuni passaggi di ogni articolo di giornale prima di riportare questi per intero. Ne risulta una ripetizione che non sempre potrebbe suonare piacevole e scorrevole al comune lettore.
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