LibriPer Emilia Casa Chopin e la vocazione per la bellezza
di Elena Lattes
Dopo due mesi di atroci sofferenze la quindicenne Emilia muore di tubercolosi. E’ l’aprile del 1827, giorno in cui molto probabilmente vide la luce uno dei più intensi e famosi Notturni, il n. 72 op.1 di Fryderyk Chopin. È una coincidenza piuttosto particolare a cui si aggiunge un alone di mistero: perché, nonostante sia stata composta ben prima di altre opere e nonostante la sua bellezza, il pezzo venne pubblicato soltanto postumo nel 1855? Dov’è finito il suo manoscritto e come mai non è mai stato trovato?
Intorno a questi temi è costruito l’ultimo libro di Giorgio Minotti, “Per Emilia. Casa Chopin e la vocazione per la bellezza” pubblicato dalla Zecchini Editore, un romanzo storico che è anche una sorta di giallo e un intenso viaggio nelle vicissitudini familiari e nell’anima dei protagonisti.
Emilia è la sorella di Fryderyk, una ragazza brillante, allegra e ironica, che ha un prodigioso talento per la letteratura e per la linguistica. È la persona più amata dal musicista e compositore, con il quale ha un rapporto di totale complicità ed empatia. Così, la sua malattia prima, e la sua scomparsa poi, provocano un enorme dolore in tutti i suoi familiari, genitori e altre due sorelle, ma soprattutto nel pianista che all’epoca aveva diciassette anni. L’autore immagina che Fryderyk, un ragazzo molto sensibile e piuttosto riservato, abbia composto il Notturno n. 72 come ultima dedica alla sorella appena scomparsa. Una sorta di lettera-messaggio, ma anche un modo per sfogare (e forse affrontare e rielaborare) i molteplici sentimenti di quegli attimi così dolorosi: la tristezza, la rabbia per una dipartita così prematura, la già prorompente e lacerante nostalgia, le domande esistenziali a cui non è facile trovare risposta. Una vera opera d’arte struggente e al contempo bellissima che, sempre secondo la teoria ricostruita nel romanzo, probabilmente sarebbe andata del tutto perduta se non fosse stato per una delle sorelle e per la madre. La prima condividerà il segreto con l’altra sorella, la seconda lo terrà interamente per sé, convinte tutte e tre di essere le uniche depositarie della copia trascritta. I misteri vengono svelati lentamente attraverso le conversazioni fra le due giovani prima e con la madre successivamente, in cui l’io narrante è principalmente la sorella maggiore.
Un racconto toccante, attraverso il quale l’autore riesce non solo a trasmettere il suo amore per la musica e per la storia, rendendo noti in maniera originale, con uno stile narrativo semplice e simpatico, alcuni aspetti del famoso compositore e di una delle sue composizioni, ma anche a coinvolgere il lettore in un poetica celebrazione della bellezza, interpretata non come apprezzamento di una superficiale estetica, ma come sentimento profondo che può lenire il dolore o aiutare ad affrontare momenti drammatici durante i quali la maggioranza delle persone si sente totalmente impotente. Parlando della mamma, Ludwika, la protagonista, racconta: “… lei stessa era allo stremo delle forze: era ancor più magra del solito, gli occhi rossi e cerchiati e solo la forza dei suoi nervi la sosteneva. Da quando si alzava era in continuo movimento, per lavare e accudire Emilia, per tenere la stanza pulitissima, per fare in modo che non le mancasse nulla, le tisane, l’acqua, i cibi raccomandati dal medico, sempre caldi e abbondanti anche se mia sorella riusciva ad inghiottire solo una piccola parte di quanto c’era nel piatto (…) Voleva anche che lei si sentisse bella e in ordine. Le pettinava i capelli, colore dell’oro, molto lunghi, di cui era orgogliosa. Le chiedeva come li volesse tenere quel giorno e allora li lasciava liberi, li raccoglieva a crocchia, oppure ne faceva una treccia.” La bellezza è, per Minotti, anche partecipazione emotiva e impegno di crescita personale, artistica e sentimentale. Uno dei passaggi forse più significativi è, infatti, l’insegnamento del maestro di pianoforte di Fryderyk e della sorella più grande (trascritto con una fonetica germanofona, per rendere l’idea dell’origine cecoslovacca): “’Qvello che è scritto sul rigo è importante, perché ci intica la fia per trofare il tesoro che cerchiamo, ma non è tutto. Manca l’anima tella musica e l’anima tefe metterla lei! Qvello che lei ha timenticato, signorina Lutwika, è la pellezza! La pellezza non è scritta, tefe trofarla lei e non sulla carta, ma in se stessa! E solo così può comunicarla a qvelli che l’ascoltano. (…) Lei tefe capire! Le sue tita, con la loro felocità, hanno chiuso la pellezza in una gabbia, infece di trofarla e ti liberarla. Ogni opera ti arte… conserfa in sé il mistero ti una pellezza unica che si concete solo qvanto ci afficiniamo a lei con spirito puro e intento elefato. Si nega qvanto vogliamo strapparla fuori talla sua teca per altri fini…’ - e mi rivolse uno sguardo dolce e paterno – ‘come per exempio fare federe come siamo prafi!’”
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