Libri"Hanna non chiude mai gli occhi" di Luigi Ballerini
di Alessandra Boga
Ballerini è un medico psicoanalista che esercita a Milano e scrittore per ragazzi: questa è la prima volta che affronta il tema la tragedia della Shoah. “A spingermi è stato mio figlio subito dopo la maturità — racconta al “Corriere della Sera” —, quando mi fece conoscere la figura di Guelfo Zamboni”, il Console italiano a Salonicco che salvò diverse centinaia di ebrei dai campi di concentramento nazisti. Così nacque il libro “Hanna non chiude mai gli occhi”, “un romanzo pensato per i più giovani, dai 13 anni in su, ma che alla fine parla a tutti”. Da qualche settimana si trova in libreria e fa parte dei libri e dei saggi pubblicati quest’anno in vista della Giornata della Memoria, il 27 gennaio. L’argomento è la deportazione degli abitanti ebrei della città greca sull’Egeo, deportazione che avvenne tra il marzo e l’agosto del 1943, due anni dopo l’occupazione della Grecia da parte di Hitler e a seguito della fallimentare campagna d’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Salonicco veniva chiamata la “Gerusalemme dei Balcani” o “Madre d’Israele”, ci vivevano 56mila ebrei: la più grande comunità di sefarditi al mondo – molti di origine italiana – e quasi la metà degli abitanti della città. Meno di 2mila sopravvissero ai lager. Zamboni, classe 1897, aveva ricevuto la nomina di console nel 1942, anno in cui, precisamente l’11 luglio, 9 mila uomini ebrei di Salonicco vennero radunati in piazza della Libertà – quale amara ironia ! – dove subirono una serie di umiliazioni e pestaggi prima della deportazione. Era l’inizio della fine per gli ebrei del posto.
Il diplomatico italiana poté salvarne almeno 350: 281 erano greci, a cui riuscì a rilasciare la cittadinanza italiana “provvisoria” – termine che venne scritto a mano sul documento –; erano persone che non parlavano italiano, ma che avevano lontani parenti italiani: questo fu l’espediente di Zamboni per salvarli.
Egli terminò il suo mandato di Console di Salonicco il 18 giugno 1943, quando tornò a Roma, e la sua operazione di salvataggio degli ebrei fu proseguita dal suo successore, Giuseppe Castruccio. Solo alla soglia dei 95 anni, nel 1992, l’ex console concesse la prima intervista ed accettò di parlare dei salvataggi che aveva compiuto. Poco tempo prima lo Stato d’Israele gli aveva conferito il titolo di Giusto fra le Nazioni e quindi un posto nello Yad Vashem di Gerusalemme, il museo della Shoah.
Guelfo Zamboni morì a Roma nel 1994 e nel 2002 l’allora ambasciatore israeliano in Italia, Ehud Gol, si recò nel suo paese natale, Santa Sofia, oggi situato nella provincia di Forlì-Cesena, per scoprire un cippo in sua memoria.
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