LibriArtur Schnabel l'inventore
di Elena Lattes
Nato nel 1882 in un sobborgo di Bielitz-Biala, una cittadina della Slesia, (allora polacca, ma che è passata negli ultimi due secoli sotto diverse sovranità), da genitori ebrei di origini tedesche, Arthur Schnabel crebbe a Vienna per lo più lontano dalla propria famiglia e studiò poi a Berlino. Quando alla tenera età di quattro anni, imitando la sorella più grande che prendeva lezioni di musica, cominciò a suonare il pianoforte mostrò subito un talento eccezionale, tanto che il maestro decise di occuparsi anche e soprattutto di lui. Fu poi grazie all'ambizione e alla determinazione della mamma che il piccolo partecipò ad alcune audizioni per essere successivamente affidato ad un istitutore e poco dopo ad uno dei più bravi e apprezzati insegnanti del conservatorio di Vienna, divenendo soprattutto un eccellente interprete di alcuni fra i più grandi musicisti, come Beethoven, Schubert e Mozart.
Nel 1901 formò un trio con un violinista e un violoncellista e, ad eccezione di una pausa fra il 1907 e il 1914, compose diverse opere. Fino al 1918 suonò principalmente in Germania e nell'Impero Asburgico, con qualche concerto in altri Paesi europei. Nel 1933, a causa dell'ascesa di Hitler, emigrò in Gran Bretagna e fra il 1939 e il 1946 visse negli Stati Uniti. Successivamente tornò in Europa, ma mai più in Germania.
Se si vuole approfondire il suo profilo umano e professionale è bene leggere “Artur Schnabel l'inventore” di Piero Rattalino pubblicato da Zecchini Editore, un breve saggio che si concentra sostanzialmente sull'attività di pianista e soprattutto di esegeta.
Secondo l'autore, Lizst fu il primo “inventore” di Beethoven rendendolo rivoluzionario: eseguiva, infatti, le sue sonate collocando il compositore tedesco “in posizione dominante in un'epoca socialmente, economicamente, culturalmente, politicamente, artisticamente diversa da quella di inizio secolo, da quella di Beethoven”. Quest'ultimo, secondo la tesi di Lizst riportata da Rattalino, con il poema sinfonico “democratizzò” la musica, che fino ad allora era stata patrimonio privilegiato dell'aristocrazia, rendendola fruibile anche ai ceti borghesi. Successivamente intervenne Schnabel che introdusse una sorta di “controriforma”, dedicandosi più al testo beethoveniano e imponendone un rispetto quasi dogmatico, nello stesso periodo in cui altri interpreti usavano ritoccarlo “soprattutto riguardo ai segni di espressione e al pedale”.
Schnabel si comportò analogamente con Mozart e Schubert mettendo le Sonate di quest'ultimo sullo stesso piano di quelle di Beethoven.
Tesi molto complesse dimostrate ampiamente da Rattalino, in diverse maniere. Egli infatti confronta Schnabel con altri pianisti dell'epoca, citando alcune registrazioni analizza nei minimi dettagli i singoli suoni, riporta recensioni e programmi, il tutto usando un linguaggio molto specifico e tecnico, tipico di chi è del mestiere. Risulta quindi essere un volume interessante per i musicisti professionisti di alto livello, ma di difficile comprensione per il comune lettore.
In fondo al libro vi si può trovare una nota bibliografica, l'ampio repertorio concertistico e una ricchissima discografia.
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