CronacaOr la mishpachot
di Aldo Astrologo
La comunità ebraica di Roma ha accolto per il quarto anno i familiari israeliani che hanno perso i figli in guerra o in attentati terroristici. Come precedentemente i partecipanti sono stati sorteggiati in quanto, purtroppo, sono molti coloro che hanno sofferto.
Quest'anno sono venute 56 persone e come le altre volte sono stati accolti calorosamente da moltissima gente che ha gremito il Tempio Maggiore. Ci sono stati momenti commoventi quando i ragazzi delle scuole ebraiche hanno intonato inni e quando i rappresentanti comunitari li hanno salutati con parole calde di affetto. Sono state ricordate alcune situazioni particolari ed è stato presentato anche un genitore druso che ha perso il figlio volontario nell'esercito israeliano.
Gli ospiti sono stati portati, il giorno dopo, in visita a Firenze. Hanno poi avuto altri incontri fino alla loro partenza ma, come le altre volte, sono andati a visitare la Casa di Riposo ebraica ora R.S.A.
In questa occasione, alla presenza di organi comunitari e di organizzatori, è stato piantato, un albero che, secondo la cultura ebraica, è segno di continuità e di vita ed è stata scoperta una targa con i nomi dei loro figli uccisi. Questo è sempre stato il momento più commovente perché vedere che i loro cari non sono ricordati solo in Israele ma anche in altre parti del mondo diventa un momento consolatorio. Quasi tutti si son fatti fotografare nell'atto di indicare il nome del loro congiunto scritto sulla pietra. Ci sono state preghiere e momenti di raccoglimento. Personalmente ho avuto un tuffo al cuore quando è stato tradotto un pensiero
soffocato dalla commozione del genitore druso che ha confessato ad un vicino: "Quando sono tornato al villaggio e mio figlio era morto, mi è stato detto che questa era la punizione perché aveva servito Israele. Se avessi ricevuto anche allora questo calore, che ora vedo, il mio dolore sarebbe stato lenito."
Non c’è niente da aggiungere se non che l’anno prossimo ci saranno altri genitori.
1 commento
- da Valter Caviglia Sapevo di questo evento, già organizzato negli anni precedenti, e ne sono favorevole, perchè, avendo figli, posso capire quello che hanno passato e che stanno passando questi genitori e il pensiero che un poco di solidarietà da parte dei loro correligionari di altre parti del mondo possa alleviare la loro sofferenza, almeno per qualche giorno, mi rende felice, anche se una volta tornati a casa il dolore resterà per sempre.
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