CronacaStorytelling - Racconto di una vita fra tre Paesi e tre continenti
di Dova Cahan
All’insegna della famosa frase “La storia siamo noi” o, come è stata definita in inglese, “Storytelling”, si è aperta anche quest’anno la “Giornata europea della Cultura ebraica”. Spettacoli, conferenze, presentazioni di libri e tanti eventi per conoscere e far conoscere la storia, la cultura e le tradizioni degli ebrei europei lungo i secoli.
Come sempre dal 2009, quando iniziai a Bucarest con la mia prima conferenza sulla vita di mio padre, Herscu Saim Cahan, un attivista sionista nato nel 1912 a Ivesti, allora Moldavia e oggi compresa nella provincia di Galati, anche quest’anno ho voluto partecipare, il due settembre scorso, alla Giornata tenutasi in Romania. Sono stata a Iasi, città in cui ci fu uno dei centri più importanti dell’ebraismo nazionale. Su una popolazione locale di 80.000, prima della seconda guerra mondiale, 50.000 erano ebrei e intense erano le attività culturali e teatrali. Nel 1937, però, il generale Ion Antonescu iniziò a varare le prime leggi antisemite finché nel 1941 il governo pubblicò l’ordine di deportazione dalla città e da tutti i villaggi circostanti, di tutti gli ebrei tra i 18 e i 60 anni. In quel periodo, in cui la Romania era alleata della Germania nazista, ci fu anche un terribile pogrom al quale assistette una sorella di mia nonna Victoria, zia Ghizela, la quale riuscì a sfuggirvi fortunosamente, grazie all’aiuto di una vicina. Suo marito, Eduard Margulius, prima della guerra, a Iasi aveva una farmacia molto centrale e conosciuta. Fu lei a raccontarmi della bella vita che aveva condotto nel nostro Paese natìo. Tutti noi, infatti, alla fine del gennaio del 1948, quando la Gran Bretagna controllava ancora quello che stava diventando lo Stato di Israele, emigrammo nella Palestina mandataria per scappare dal comunismo rumeno. I soldati di Sua Maestà, però, rifiutarono di concederci il permesso di residenza e dopo soltanto un mese di permanenza fummo espulsi e costretti a rifugiarci all’Asmara. Anche l’Eritrea, finita la colonizzazione mussoliniana, all’epoca era sotto l’amministrazione del Regno Unito che vi rimase fino al 1952, quando consegnò il Paese al dittatore etiope Hailé Selassié. Lì vi morì mio padre nel 1974 e in quello stesso anno, mia madre, mia sorella e io finalmente riuscimmo a tornare in Israele.
Dopo tanti anni, oggigiorno, mi sento rappacificata sia con la Romania che per fortuna non vive più sotto dittatura, sia con l’Eritrea. Entrambi i Paesi fanno parte del mio passato, capitoli chiusi della mia vita che ora si svolge in Israele. Israele non è soltanto il mio presente, ma rappresenta anche il mio futuro.
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