CronacaTorino: un'altra antisemita che si dà la zappa sui piedi
di Alessandra Boga
La sconcertante notizia è di un paio di giorni fa: una giovane ricercatrice dell’Università di Torino, precaria come molti suoi colleghi in Italia – ma che forse ne risente meno, come stiamo per spiegare - ha comunque deciso di rinunciare al contratto nell’ambito di un progetto di ricerca sulle energie rinnovabili per cui era stata scelta, pur di non collaborare con un’università israeliana, il centro di ricerca Technion di Haifa – città israeliana peraltro nota per la sua multietnicità -, accusandolo di lavorare per il governo e per l’esercito di Israele, “oppressori dei poveri palestinesi” (non sono esattamente parole della giovane, ma questa è la sostanza). La ricercatrice è una di coloro che, tra studenti e docenti, vorrebbero fare in modo che l’ateneo e il Politecnico torinesi aderissero al boicottaggio, non ovviamente delle attività commerciali in questo caso, bensì delle università israeliane, cosa che finora l’Università di Torino ha doverosamente rifiutato in nome della libertà di ricerca, lasciando “fuori” il discorso politico.
Al contrario, la “studiosa” torinese ha spiegato: “Ho rifiutato l'offerta perdendo di conseguenza il lavoro e – con ogni probabilità – qualsiasi velleità di carriera accademica – ma le istituzioni accademiche israeliane sono un punto chiave del regime di oppressione”. E ha aggiunto: “Mantenere legami di questo tipo con Israele equivale una normalizzazione dello Stato e dei suoi istituti di ricerca sullo scenario internazionale; significa dare riconoscimento a, e quindi non problematizzare, le strutture che sottendono alla produzione scientifica israeliana e le basi di esistenza dello stato di Israele”. La ricercatrice ha da ridire anche sul progetto stesso delle energie rinnovabili: “Come non pensare ad una perfetta installazione di sistemi fotovoltaici nelle colonie illegali, isole autosufficienti ed ipertecnologizzate, mentre al di là dei muri la popolazione palestinese viene costretta a morire di sete?!”. Insomma, ha riproposto uno dei mantra della propaganda antisionista/antisemita non certo degna di una persona di cultura. Nella foto, manifesto di studenti universitari contro Techinion.
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