Khadija di Marek Halter scatena l'ira fondamentalista

CronacaKhadija di Marek Halter scatena l'ira fondamentalista

di Alessandra Boga

È noto che, per gli integralisti islamici, se tocchi l’Islam muori. Perciò non poteva non suscitare le loro ire un romanzo come “Khadija”, dello scrittore Marek Halter, che ha come protagonista la prima moglie di Maometto, nonché la prima a credere alla religione islamica. A questo seguiranno altri due volumi: “Fatima”, dedicato alla figlia del Profeta dell’Islam, all’origine dello scisma con gli sciiti, e “Aïcha”, dedicato all’ultima sposa cara alla tradizione sunnita, quella che Maometto prese ancora bambina, ma sembra sia stata per lui la più amata. In precedenza Halter aveva scritto una “Bibbia al femminile” ed esce ora in Italia “Maria, la madre di Gesù” (Newton Compton).

A indignare ancora di più gli integralisti islamici, è il fatto che l’autore di “Khadija” sia ebreo, un polacco residente in Francia (a Marais). Halter, 78 anni, è sopravvissuto al ghetto di Varsavia e si batte contro il razzismo con l’associazione di cui è cofondatore, Sos Racisme.

Eppure, in teoria, non c’è nulla che dovrebbe suscitare davvero lo sdegno dei musulmani, nel romanzo “Khadija”, poiché, come ricorda lo stesso scrittore, intervistato dal “Corriere della Sera”, ella «era una donna ricca, bella e forte, più grande di lui di almeno 10 anni. È lei a farsi avanti per proporgli di sposarsi, ed è lei, moglie e figura materna, a incoraggiare quel ragazzo analfabeta dopo che Allah gli ha parlato per la prima volta. Senza il suo “Io ti credo”, Maometto non avrebbe trovato la forza di diventare il Profeta e non ci sarebbe stato il Corano. Le donne sono figure centrali, determinanti, nella storia della fede musulmana. Che differenza con certo Islam oscurantista di oggi».

Questo romanzo potrebbe essere letto anche come una risposta ai molti occidentali e non-musulmani che vedono l’Islam come una religione che schiavizza la donna, poiché, alle sue origini, la faccenda era abbastanza diversa. Però sono proprio gli oscurantisti di cui sopra, gli stessi che vogliono sottomettere le donne, a ribellarsi a questo testo che affonda le sue radici nella storia. «Da parte delle persone normali», infatti, le reazioni sono state «positive», ha raccontato Halter. «Ho fatto leggere il manoscritto in anteprima ad alcuni dei miei tanti amici musulmani, e non hanno trovato niente da ridire, tranne qualche consiglio peraltro benvenuto». «Khadijah è uscito solo venerdì scorso, in 40 mila copie, e l’editore Robert Laffont lo sta già ristampando. Ma alcuni fanatici, come prevedibile, non hanno gradito», ha aggiunto lo scrittore.

Addirittura «a molte librerie che hanno messo il volume in vetrina sono già arrivate telefonate violente: ritirate subito quel libro blasfemo o distruggeremo il negozio». Si tratta soprattutto di librerie del sud della Francia e della zona di Roubaix, nel Nord.

«Poi in alcuni forum islamici è cominciata la litania di quanti non sopportano che io, da ebreo polacco che vive in Francia, osi parlare di Islam e delle donne che sono alla sua origine».

Il primo ministro francese Manuel Valls, suo amico da molti anni, ha offerto una scorta a Marek Halter, ma lui spera naturalmente che non ce ne sia bisogno e ha deciso di attendere i prossimi giorni, «quando i manifesti con il mio viso e la copertina appariranno ovunque, in metro, negli aeroporti, nelle stazioni».

Ripetiamo, in “Khadija” non dovrebbe esserci nulla che possa essere considerato offensivo dei sentimenti religiosi islamici, perché «voglio mostrare che le donne sono al cuore dell’Islam», ha spiegato ancora lo scrittore ebreo polacco (il quale però ha rivelato che, se questo e gli altri suoi testi sulle principali donne della religione islamica non sono usciti prima, è stato perché l’ editore temeva possibili reazioni).

Su consiglio del suo amico filosofo algerino  Malek Chebelha, musulmano, Halter ha anche tagliato dal suo libro una frase “un po’ troppo forte”, in cui Khadija toccava Maometto, dicendogli: “Tu mi desideri”. Ha mantenuto invece altri passaggi che Dalil Boubakeur, il rettore della Grande Moschea di Parigi, gli aveva detto sarebbe stato meglio cancellare. Tuttavia c’è un rapporto di grande rispetto tra lo scrittore ebreo e il religioso musulmano (che lo chiama “mio professore”) e, quando il primo, pur ringraziandolo, ha comunicato al secondo che non avrebbe censurato le frasi che lui gli aveva segnalato, Boubakeur ha sorriso a Halter augurandogli: “Che Allah ti protegga”.

L’autore spera che le donne della sua trilogia di libri “Khadija”, “Fatima” e “Aïcha”, diventino un esempio per le musulmane che vivono tra noi, perché fanno parte della loro tradizione. «Possiamo continuare a suggerire loro Simone de Beauvoir o Giovanna d’Arco, ma credo che tante musulmane francesi ed europee potrebbero amare piuttosto una eroina come Khadija: il mio libro è una storia romanzata ma vera, che dimostra come la sottomissione delle donne sia una costruzione artificiale dei secoli successivi. Khadija è tutto per Maometto. E non portava il velo. Mi piacerebbe che entrasse a fare parte del pantheon di un femminismo delle ragazze musulmane».

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