CronacaStoria di Esmat Mansour, terrorista palestinese ex detenuto che ora insegna l'ebraico
di Alessandra Boga
È purtroppo noto che molti detenuti palestinesi scambiati da Israele come doloroso gesto di buona volontà non mutano affatto vita, ma tornano bellicosi a rivendicare le azioni che li avevano portati in carcere, a lanciare proclami contro lo Stato ebraico e a ribadire la loro determinazione al jihad per “liberare la Palestina”. Tuttavia anche qui esistono le eccezioni. Come quella rappresentata da Esmat Mansour, 37 anni, che da quando ne aveva 16 è stato in carcere per complicità con tre ragazzi più grandi che, il 29 ottobre 1993, hanno pugnalato a morte un giovane cittadino israeliano, Haim Mizrahi. Mansour ha indicato agli altri il luogo dove avrebbero dovuto attendere la loro vittima: un allevamento di polli dove il ragazzo lavorava dopo la scuola. Arrestato il giorno stesso, ha confessato.
Condannato a 22 anni di reclusione, è stato liberato l’anno scorso insieme ad altri 25 palestinesi detenuti di lunga data, nell’ambito di un accordo mediato con gli Stati Uniti, con l’ordine di non lasciare il proprio distretto per almeno un anno (gli agenti di servizio di sicurezza dello Shin Bet monitoravano che gli accordi presi con ogni singolo detenuto al momento del rilascio, fossero rispettati).
L’ex adolescente che aveva agito contro Israele, oggi appare molto maturato e, pur parlando ancora degli israeliani come “occupanti”, ritiene importante per combatterli non imbracciare le armi o compiere un attentato terroristico, ma imparare l’ebraico, che attualmente insegna egli stesso una volta alla settimana in un liceo privato cristiano palestinese, anche per creare un ponte con lo Stato ebraico (nella foto, mentre fa lezione, ndr). Ha studiato in prigione la “lingua del nemico” e nel periodo di detenzione ha scritto pure tre romanzi.
“La cosa più importante è dare valore alla vita umana e imparare la tolleranza. Eravamo molto giovani, la situazione politica era diversa", ha dichiarato Esmat Mansour, in parte giustificando il passato, ma parlando come un adulto.
Una volta uscito di prigione, il governo palestinese è stato molto generoso con lui, come al solito con ogni ex detenuto finito in carcere per aver compiuto azioni contro Israele: gli ha dato 50.000 dollari, il grado di colonnello e uno stipendio mensile di 6.000 shekel (1.725 dollari), un reddito superiore alla media. Poi, in dicembre, Esmat ha anche trovato la fidanzata e ad agosto si sposerà.
Rimane un nazionalista del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, che è parte della vecchia OLP, ma è favorevole ad un accordo di pace con Israele. "Ho vissuto un'esperienza molto dura” in carcere, ha raccontato. “Questo mi ha dato la comprensione e la convinzione per la causa, ma quello che è più importante, mi ha permesso di capire che la giustizia richiede umanità e questo è l'unico modo giusto”.
Tuttavia un grande amaro in bocca per la liberazione di Esmat Mansour resta alla famiglia di Haim Mizrahi, che dopo essere stato accoltellato, è stato messo cadavere nel bagagliaio della sua auto e con essa bruciato dagli altri tre ragazzi per nascondere le prove, mentre il sedicenne Mansour, che non li aveva seguiti, ha finto di essere stato vittima di una rapina. La moglie di Haim Mizrahi era incinta, quando il marito è stato ucciso e ora sua figlia Tehila ha 20 anni. Itsik, il fratello dell’uomo assassinato (nella foto assieme alla madre Mazal, davanti alla fotografia di Hiam, ndr), ha osservato che i detenuti palestinesi liberati hanno la possibilità di ricostruire le proprie vite, mentre le famiglie delle loro vittime israeliane rimangono a soffrire: “Io resto senza mio fratello. Solo noi abbiamo perso, solo mio fratello ha perso”.
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