CronacaIran, un ayatollah gravemente malato nel carcere di Evin perché vuole la pace (anche) con gli ebrei
di Alessandra Boga
Ebbene sì, neanche gli ayatollah sono tutti uguali. Tant’è che, a volte, in Iran, pagano questa loro “differenza” con carcere e torture. Come sta facendo dal 2006 l’ayatollah Hossein Kazemeini Boroujerdi, detenuto nella famigerata prigione di Evin, dove spesso viene torturato e, gravemente malato (anche di cuore), gli vengono negate le cure mediche (pratica assai comune nei confronti dei prigionieri politici ritenuti pericolosi). Il tutto sotto la costante sorveglianza degli uomini del ministero dell’Intelligence. Per dirlo chiaramente: Boroujerdi sta morendo.
Un appello per salvare l’alto religioso sciita arriva da una personalità al di sopra di ogni sospetto di simpatia con il regime iraniano: Michael Ledeen, storico e giornalista neoconservatore americano che ha lavorato presso il dipartimento di Stato USA e il Pentagono e che si è sempre battuto per un cambio di governo in Iran e per il rovesciamento della dittatura vigente. L’appello è stato da lui pubblicato sul suo blog “Faster, please”.
Bouroujerdi merita di essere difeso, perché predica la tolleranza nei confronti dei fedeli a tutti i credi e sostiene una separazione tra religione e politica (il che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare considerando la tirannia religiosa in Iran, è in linea con il pensiero dell’Islam sciita).
Una delle coraggiose dichiarazioni di tale ayatollah dissidente, formulata qualche anno fa, è questa: “il regime è convinto che o le persone aderiscono all’Islam politico o saranno incarcerate, esiliate o uccise. Un comportamento non differente da quello di Osama bin Laden o del Mullah Omar”. Niente di meno.
Egli ha condannato duramente l’estremismo religioso della Repubblica Islamica e persino l’antisemitismo, un sorta di bandiera del regime iraniano, che notoriamente nega la Shoà e minaccia di continuo la distruzione di Israele.
Addirittura nel 2010, quando era già in carcere, Boroujerdi ha porto agli ebrei di tutto il mondo gli auguri per la Festa di Hanukka con queste parole: “Ogni credo religioso che ci porta più vicini alla Sorgente (Dio) è la verità. Questa forza porterà l’umanità all’illuminazione. In questo grande giorno celebriamo l’unità tra quanti credono nella luce di Dio”.
L’ “ayatollah buono” non è stato condannato a morte per timore delle proteste popolari, essendo egli assai rispettato ed amato in Iran. I suoi sermoni erano ascoltatissimi, tanto che era necessario tenerli negli stadi.
In compenso la Repubblica Islamica sta facendolo morire lentamente in prigione, per poter usare i suoi problemi di salute come paravento per gli abusi nei confronti dell’uomo.
L’Occidente e tutto il resto del mondo civile (Israele compreso) hanno il dovere morale di salvarlo, senza contare troppo sulla “moderazione” (già rivelatasi un bluff) del neo-presidente iraniano Rohani.
1 commento
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da graziella arrighi
le persone buone e coraggiose, rimangono spesso sole
cosa si puo' fare per aiutarlo?
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