CronacaIl Gran Muftì di Gerusalemme di oggi degno erede del suo predecessore amico di Hitler
di Alessandra Boga
Sembrano non smentirsi mai i “Gran Muftì di Gerusalemme”, almeno dal tempo di Haj Amin al-Husseini, collaboratore attivo dei nazisti e amico personale di Hitler. La settimana scorsa, durante le celebrazioni del 47esimo anniversario di Al-Fatah, il Movimento del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, il Gran Muftì attuale, Mohammed Hussein, ha citato un hadith (un detto attribuito a Maometto) in cui si dice che la fine del mondo non arriverà finché i musulmani non uccideranno gli ebrei: “L’ora (della Resurrezione) non verrà finché non combatterete gli ebrei. Gli ebrei si nasconderanno dietro le pietre o gli alberi. Allora le pietre o gli alberi chiameranno: <
Il muftì ha anche precisato, riferendosi all’attività di Al-Fatah e alla storia islamica: “Da 47 anni la rivoluzione è cominciata. Quale rivoluzione? La rivoluzione moderna della storia del popolo palestinese. In realtà, la Palestina nella sua integrità è una rivoluzione, poiché (il califfo) Omar è venuto (a conquistare Gerusalemme, nel 637 E.V.) questo continua oggi, e fino alla fine dei tempi”.
Naturalmente sulla stessa linea del religioso islamico, il moderatore dell’evento ha detto: “La nostra guerra con i discendenti delle api e dei maiali - ovvero gli ebrei, secondo il Corano - è una guerra di religione e di fede”.
I commenti del muftì sono stati postati su YouTube da Palestinian Media Watch, un noto gruppo israeliano di monitoraggio. Immediata la condanna del premier Bibi Netanyahu, il quale domenica, all’incontro settimanale di gabinetto, ha definito “atroci” i commenti del Gran Muftì di Gerusalemme, e ha chiesto al Procuratore Generale Yehuda Weinstein di ordinare un’indagine sul massimo esponente religioso islamico.
“Ciò che è spaventoso è il fatto che i commenti del muftì fossero mandati in onda sulla televisione e sul sito ufficiale dell’Autorità Palestinese”, il 9 gennaio, “e che siano stati sostenuti da tutti i funzionari statali palestinesi”, ha detto Yuli Edelstein (Likud), il Ministro dell’Informazione e della Diaspora.“Se questo non è anti-semitismo, non so cosa sia”. E dire che l’ANP è considerata “moderata”, un’entità con cui Israele e la comunità internazionale dovrebbero dialogare.
Il Ministro delle Infrastrutture Nazionali Uzi Landau ( dell’Yisrael Beiteinu, costituito e presieduto da Avigdor Lieberman) ha detto che il muftì dovrebbe essere indagato e condannato, aggiungendo: “l’imam musulmano estremista che ha parlato di una soluzione finale, prende ispirazione dalla Germania nazista”.
Mohammed Hussein, parlando con i media, si è giustificato nascondendosi proprio dietro all’islam, in puro taqiyya-style: “Non chiediamo di uccidere gli ebrei. Noi non abbiamo mai detto: uccidete gli ebrei. È l’hadith che lo dice. Io non sono responsabile di quello che dice l’hadith. L’hadith è nel libro, ed è un nobile hadith, non è il mio hadith”. Come dire: “Non sono io il responsabile. Accusando me, accusate l’islam e il suo Profeta”.
A difendere il muftì è sceso in campo anche il ministro per gli affari religiosi dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Al-Habbash, che ha affermato: “Questa non è istigazione ad uccidere gli ebrei. Noi non possiamo cambiare gli storici scritti della religione, né vogliamo cambiarli. Comunque la realtà è che noi vogliamo arrivare a una pace giusta”. Comunque.
Naturalmente opposto il punto di vista di Palestinian Media Watch, che accusa Al-Habbash di aver “travisato” le parole del muftì.
Israele.net riferisce che persino YouTube si è reso complice delle parole del religioso di Al-Fatah, dato che il 16 gennaio ha bloccato l’accesso a Palestinian Media Watch, definendolo “inappropriato” per aver postato quel video. Ci sono volute le proteste di numerosi utenti, perché venisse ripristinato due giorni dopo.
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