CronacaL'incerto futuro degli ebrei tunisini con Ennahdha al potere
di Alessandra Boga
Pochi giorni fa si sono svolte le prime elezioni "democratiche" in Tunisia dopo la cacciata di Ben Ali. Ha votato oltre il 90% degli aventi diritto, decretando di fatto la vittoria con almeno il 35% di preferenze del partito islamico "Ennahdha" ("La Rinascita") di Rachid Ghannouchi. Si tratta di un partito legato ai Fratelli Musulmani, i quali, come sta accadendo in altri Paesi, pur proponendosi come "moderati", si stanno impadronendo della "primavera araba" per imporre la sharia, la legge islamica. Non per altro Ennahdha si ispira alla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, primo ministro che a dispetto della propaganda è un integralista musulmano. Non bastano dunque le rassicurazioni sulla formazione di una coalizione ad interim con due partiti laici per governare la Tunisia.
La vittoria di Ennahdha getta un'ombra anche sul destino degli ebrei tunisini, che cominciano ad interrogarsi. Già dai 100.000 che erano, sono passati a meno di 2000, decimati da anni di persecuzioni. Eppure quella tunisina rimane una delle comunità ebraiche più grandi del Nord Africa.
È comunque fiducioso il rabbino Benjamin Hatab, capo della principale sinagoga di Tunisi, il quale dichiara: "Non ci importa se il leader è Ghannouchi o qualcun altro finché c'è una democrazia come tutti promettono. Non abbiamo problemi con i leader musulmani".
Fa presente che anche prima delle elezioni il capo di Ennahdha cercava di rassicurare i laici e gli ebrei in particolare, che niente sarebbe cambiato, se non che la Tunisia "sarebbe stata più democratica che sotto Ben Ali". Però quale politico con un minimo di scaltrezza non rassicurerebbe sulle sue buone intenzioni? Gli ebrei non hanno problemi con i musulmani, ma i musulmani con gli ebrei?
Rav. Hatab continua dicendo che "Ghannouchi ha promesso di creare lavoro per le giovani generazioni e ha anche inviato una delegazione a Djerba per rassicurare gli ebrei che tutto va bene e che non hanno niente di cui preoccuparsi. I suoi rappresentanti hanno anche portato doni alla casa di cura degli ebrei a Tunisi" (si tratta probabilmente di un tentativo di corruzione?).
I patti però sono chiari ed il rabbino è d'accordo: nessun rapporto con lo Stato di Israele. Egli sembra dunque non accorgersi di ciò che alcuni chiamano "nuovo anti-semitismo", il quale evita di colpire direttamente gli "ebrei", ma non risparmia gli "israeliani".
Di diverso avviso su Ennahdha è Hai Camus, membro della comunità ebraica di Djerba. Lui dichiara a Ynet di non aver votato per Ghannouchi, bensì per un candidato più liberale. Camus è preoccupato, perché dice: "È l'inizio della strada e credo che adesso loro - cioè i membri di Ennahdha - non faranno passi estremi ma nessuno può fare promesse su quello che succederà da qui a due o tre anni". Ancora: "Ghannouchi è un islamista e anche se dice di non essere un estremista i suoi sostenitori estremisti sono gli unici che l'hanno eletto e l'hanno portato al potere. Nelle ultime settimane gli estremisti hanno sobillato gli aventi diritto al voto per votarlo, quindi lui appartiene agli estremisti".
Hai Camus prevede anche un'aliyah degli ebrei tunisini verso Israele, ma non è una novità dovuta espressamente alle elezioni: "Noi vogliamo sempre fare aliyah. Non è niente di nuovo, abbiamo bisogno di fare aliyah e possiamo fare lo stesso nel vicino futuro, a Dio piacendo".
Relativamente ottimista è invece Haim Damari, che si è trasferito in Israele già da quando aveva 8 anni e organizza viaggi nel Paese nordafricano. Il suo ottimismo non è dovuto al fatto che abbia fiducia in Ennahdha, ma alla situazione economica: "La Tunisia non ha petrolio o altre risorse, tutto ciò che ha è l'industria del turismo" 10 milioni di turisti in un anno. "Non vedo nessun leader che possa mettere in pericolo questo". Certo si può azzardare, "a meno che gli islamisti non facciano attentati per impedire agli 'infedeli' di andarci, incuranti dell'interesse dei Tunisini".
Intanto una sinagoga è stata già bruciata nella città di Ghabes e fuori da quella della capitale un gruppo di musulmani identificati come appartenenti al movimento integralista El-Taharir ("molto silenzioso sotto il regime di Ben Ali, ma ora uscito allo scoperto per provocare caos", ha dichiarato il leader della comunità ebraica di Djerba Rene Trabelsi) ha insultato dei fedeli ebrei. L'attacco è stato condannato dal Ministro per gli Affari Religiosi.
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