Sulla dichiarazione unilaterale dello Stato palestinese

CronacaSulla dichiarazione unilaterale dello Stato palestinese

di AA.VV.

Alla fine Obama si è schierato con Israele, la sua sicurezza, il suo vero e proprio diritto all'esistenza: intende porre il veto alla nascita dello "Stato di Palestina" e al suo ingresso nell'ONU, richiesto da Abu Mazen.
L'ha detto mercoledì scorso ai membri dell?Assemblea Generale, ribadendolo, nella notte, allo stesso leader dell'Anp: "Se gli Stati Uniti non avranno altra scelta", lo faranno.
Giubilo dai giornali israeliani, proteste da gran parte della popolazione e da alcuni politici palestinesi: "Quarantadue veti americani all'Onu hanno permesso a Israele di continuare a imporre la segregazione nella regione", ha dichiarato Mutawakil Taha, dirigente del Ministero dell'Informazione a Ramallah.
"All'Onu Obama parlava in ebraico, il suo discorso era stato scritto da Netanyahu", diceva, alludendo al Primo Ministro israeliano, la gente scesa nelle strade tra la Muqata, sede del governo di Abu Mazen, e Piazza Arafat, dove ha dato alle fiamme una bandiera degli Stati Uniti ed un poster del Presidente americano.
A sostegno dei palestinesi è scesa in campo anche Shelly Yachimovich, 51 anni, nuova leader laburista israeliana, ex giornalista radicale e supporter del movimento di protesta sociale dei giovani, che ha chiesto a Netanyahu un "riconoscimento condizionato" della Palestina, perché "non vogliamo un processo di pace, vogliamo la pace"
D'altra parte non c'è solo la "causa palestinese", a spingere Abu Mazen. Egli sa di essere il leader debole di uno Stato che non c?è e per di più in grave crisi economica. Su di lui, inoltre, pesa la paura del paragone con Arafat: quello con il ramoscello d?olivo e la pistola nella fondina.
E su Obama incombono le presidenziali del 2012 ed il timore di non essere rieletto, se non si schiera dalla parte dello Stato ebraico.
Anche Netanyahu ha parlato all?Assemblea Generale dell?ONU, ricordando che Israele ?ha steso la sua mano in pace dal momento in cui è stata istituita 63 anni fa. Per conto di Israele e il popolo ebraico, porgo la mano ancora oggi? a tutti i popoli arabi e musulmani (mentre solo con Egitto e Giordania, esiste, anche se in pratica solo sulla carta, un trattato di pace). In fondo sono tutti figli di Abramo: gli ebrei lo chiamano "Avraham", gli arabi "Ibrahim", ha detto Bibi.
Ma soprattutto il Primo Ministro israeliano tende la mano proprio ?al popolo palestinese, con cui cerchiamo una pace giusta e duratura?. E ancora: ?La verità è che Israele vuole la pace. La verità è che io voglio la pace. La verità è che in Medio Oriente, in ogni momento, ma soprattutto in questi giorni turbolenti, la pace deve essere mantenuta in sicurezza. La verità è che non possiamo raggiungere la pace attraverso le risoluzioni delle Nazioni Unite, ma solo attraverso negoziati diretti tra le parti. La verità è che finora i palestinesi hanno rifiutato di negoziare. La verità è che Israele vuole la pace con uno stato palestinese, ma i palestinesi vogliono uno stato senza pace. E la verità è che non si dovrebbe permettere che questo accada?.
Si rivolge anche allo stesso Abu Mazen, chiedendogli: ?Presidente Abbas?, Mahmoud Abbas, ?ha dedicato la sua vita a favore della causa palestinese. Questo conflitto deve continuare per generazioni, o permetterà ai nostri figli ai nostri nipoti di parlare negli anni a venire di come abbiamo trovato un modo per porvi fine??.
Ma la risposta del leader palestinese, che a sua volta ha parlato all?Assemblea Generale dell?ONU, è stata questa: ?Rabin, Peres, Sharon, Olmert, Livni ? con tutti loro negoziare è stato possibile, ma con Netanyahu ciò risulta impossibile". E se la prende anche con il capo di Stato americano, dicendo che ?Un anno fa il presidente Obama aveva sostenuto sempre dalla tribuna dell?Onu che era ottimista sul fatto che un anno dopo lo Stato di Palestina potesse essere una realtà. " E, rimandando al mittente le accuse di non voler tornare al tavolo dei negoziati e di non desiderare la pace, ma di fatto confermandole (basti pensare che, per consegnare la richiesta della nascita dello Stato palestinese, ha scelto la madre di 8 terroristi, di cui uno morto ?sul lavoro? e gli altri, pluriergastolani in Israele), ha detto: ?Noi lo abbiamo preso sul serio, abbiamo cercato il dialogo ma dall?altra parte non abbiamo avuto che gesti di chiusura. Netanyahu parlava di pace mentre gli insediamenti crescevano e gli appelli della comunità internazionale ad una moratoria restavano lettera morta?. Così Abu Mazen sembra dimenticare che gli insediamenti ebraici a Gaza sono stati smantellati e così pure parte di quelli della Cisgiordania (West Bank) nel 2005; sembra scordare che Israele ha congelato la costruzione di nuove case per 10 mesi, mentre lui aspettava che scadesse la moratoria per pretendere una nuova proroga dei congelamenti, sedersi di nuovo al tavolo delle trattative, senza però trattare su che cosa avrebbe ottenuto in cambio lo Stato ebraico. Ed ora Netanyahu non intende più congelare le colonie per una ripresa dei negoziati con i palestinesi che le utilizzano ?ogni volta come pretesto? per non fare la pace e non sono ?capaci? neppure di pronunciare le parole Stato ebraico e popolo ebraico.
Tuttavia non è solo Abu Mazen a non voler negoziare: nel ?moderato? Egitto è stata presa di assalto l'ambasciata israeliana e, nell?altrettanto ?moderata? Giordania, un centinaio di manifestanti sono scesi in strada per un cambio di Governo ad Amman e per chiedere l?allontanamento dell?ambasciatore d?Israele, in risposta alla proposta di un parlamentare israeliano (per altro non il solo) di creare uno Stato palestinese nel Regno Hashemita (dove i palestinesi costituiscono la maggioranza della popolazione). Anche re Abdallah II ha accusato lo Stato ebraico di ?nascondere la testa sotto la sabbia, pretendendo che il problema?, ovvero ancora una volta la ?questione palestinese?, "non esista". Perché, mentre le parole di Netanyahu sembrano ?rassicuranti?, ha detto il sovrano giordano, ?ciò che vediamo sul terreno è l?esatto opposto?.
Intanto l'ONU ha aggiornato a domani, mercoledì 28 settembre, in sede della Commissione che valuta l'ingresso dei nuovi Stati nell'Organizzazione, la discussione se farvi entrare o meno la Palestina.

A. Boga

Ad integrazione di quanto scritto da Alessandra è bene ricordare alcuni fatti, come ha ben scritto Fiamma Nirenstein su Il Giornale:

Dopo gli applausi a Abu Mazen che ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell?Onu il riconoscimento dello Stato Palestinese, il Quartetto cerca di rimandare la decisione sperando nelle procedure e chiedendo alle parti di tornare al tavolo delle trattative. Ma se guardiamo al discorso del presidente palestinese si legge una «narrativa», una aggressiva fantasia, che disprezza il nemico e quindi nega la pace. Il primo equivoco è il peggiore: promette il rispetto di Israele, assicura la volontà di pace, ma poi Abu Mazen insiste sulla «nakba» del ?48, lo Stato Ebraico è per lui un?illegittima presenza coloniale. Abu Mazen parla di «nakba», di occupazione dal 1948, non dal 1967: i profughi come lui, dice, ancora conservano le chiavi di casa di Safed (dove è nato e da dove fuggì nel ?48 in Siria). Devono tornare a casa, in Israele, non in Palestina. Dimentica che se ne andarono a causa di una guerra di cinque Paesi arabi contro la partizione. Il nuovo Stato Palestinese come lo disegna il sito dei palestinesi all?Onu, o che i bambini studiano a scuola è la mappa di Israele. Abu Mazen ha detto che nella loro generosità i palestinesi hanno accettato di ridursi nel 22 per cento della Palestina originale: ma non dice che questa Palestina (nome che discende dai Filistin, popolazione non aborigena ma mediterranea e che i romani dettero all?area) è uno dei paesi disegnati dalla Società delle Nazioni (come la Siria, o l?Irak) dopo la disfatta dell?Impero turco e che era destinata al popolo ebraico, riconosciuto nei suoi diritti ancestrali. La politica del Mandato inglese la tagliò per darne parte alla Giordania. Abu Mazen parla di una «pulizia etnica» mai avvenuta, semmai è il suo programma che dichiara che il nuovo Stato proibirà la presenza di ebrei. L?invenzione dello Stato razzista e di apartheid è inconcepibile se si guarda all?incredibile miscuglio di colori, culture, etnie, dalla Knesset agli ospedali, alle scuole... La balla poi che sia Israele che impedisce le trattative: Israele dal tempo dei «tre no» arabi di Kartum del ?67 non ha fatto che offrire territori in cambio di pace, cercando, com?è statuito dalla risoluzione 242, anche la sicurezza. Le città palestinesi sono tutte state sgomberate con gli accordi di Oslo, il 98 per cento dei palestinesi vivono nell?Autonomia. I check point sono stati diminuiti contrariamente a un?altra frase di Abu Mazen, e semmai servono a controllare gli eventuali terroristi: e Israele ne ha ben donde. Altra bugia: che Israele blocchi l?economia palestinese. Ne è anzi un motore e certo lo sarebbe di più in tempo di pace. Poi: «il muro dell?annessione» come lo chiama Abu Mazen, ha di fatto fermato il terrorismo, quale annessione? I territori: l?Egitto ha fatto la pace e ha avuto il Sinai. Israele ha lasciato il Libano e Gaza. Mal gliene incolse. Gli insediamenti: sono un problema ma occupano solo l?1,36 per cento dell?West bank. L?ultimo insediamento approvato è del 1999. È vero che la crescita naturale è alta, ma Netanyahu bloccò le costruzioni per dieci mesi senza segnali da parte palestinese. Oggi i coloni lamentano un «freezing di fatto». Infine: quando Abu Mazen dice che i palestinesi sono armati solo delle loro speranze, sa che da Gaza sono piombati su Israele migliaia di missili, anche Grad di lunga gittata. Sarebbe meglio che Abu Mazen trattasse, invece di spargere biasimo e odio all?Onu che applaude, ma non porta la pace.

(Nella foto in alto il giovane Asher Palmer z"l con suo figlio di pochi mesi, barbaramente uccisi da terroristi palestinesi)

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