CronacaL'economia israeliana promossa dal rapporto S&P
di Elena Lattes
Negli ultimi due mesi decina di migliaia di israeliani hanno dimostrato nelle strade delle loro città per chiedere "giustizia sociale" e la fine della libera economia di mercato che ha trasformato il Paese negli ultimi due decenni in una "nazione di start-up" (aziende che nascono su uno specifico progetto grazie a finanziamenti esterni che diventano vere e proprie industrie nel campo dell'innovazione e della tecnologia).
Se da un lato le loro richieste erano più che legittime, dall'altro il loro desiderio di tornare ad un'economia di tipo socialista ha subito un duro colpo dall'ultimo rapporto S&P (Standard and Poor's Corporation. Agenzia di rating e credito internazionale, nota per i suoi indici di borsa).
Quest'ultima ha, infatti, elevato Israele da A ad A+ sostenendo che la sua decisione è dovuta alla rapida crescita economica, dalla politica responsabile e dal valore monetario della moneta locale (Shekel).
(Lo stesso rapporto ha promosso in parte anche Italia e Spagna, definendone le relative economie "meno rischiose" rispetto al periodo precedente, ma ha anche ha abbassato il giudizio sul nostro Paese da "stabile" a "negativo" perché "le attuali prospettive di crescita sono deboli e l'impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto" e declassato la politica economica obamiana da AAA ad AA+ poiché "il piano di risanamento - scrive S&P - non è adeguato a quanto sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito. L'efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento")
Il ministro delle Finanze israeliano, Yuval Steinitz, ha definito la suddetta decisione un "punto d'onore" e un "premio per le politiche economiche adottate durante la crisi finanziaria mondiale. Questo traguardo raggiunto è particolarmente sorprendente visto il debito e i problemi nel mondo del lavoro che hanno colpito il rating creditizio di molti altri Paesi. Israele, tuttavia, non si deve adagiare sugli allori: la crisi globale ci richiede azioni ancora più vigorose per continuare a salvaguardare il quadro di bilancio e le politiche economiche che l'S&P ha enfatizzato nel suo rapporto".
Anche il governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, ha apprezzato il risultato ottenuto: "è importante mantenere buone le condizioni economiche con politiche come quelle attuali, viste soprattutto la difficile realtà mondiale. Noi della Banca intendiamo continuare a contribuire alla crescita e alla stabilità economica attraverso una politica monetaria responsabile, migliorando il mondo del lavoro e mantenendo la stabilità dei prezzi e del campo finanziario."
È la prima volta che il rating israeliano arriva al voto A+; per dodici anni, dal 1995 al novembre 2007, fu A- per poi salire fino ad oggi ad A. Le altre due grandi agenzie di rating Moody's e Fitch, dal 2008 valutano Israele rispettivamente ad A1 e A, Che è più o meno l'equivalente del risultato raggiunto oggi con la S&P.
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