Sul Corona Virus una seconda riflessione

AttualitàSul Corona Virus una seconda riflessione

di Aldo Astrologo

Sono ancora a parlare di questa pandemia e chissà per quanto ancora dovremo discuterne. Da più parti si ipotizza di come saremo dopo questa prova, di come il mondo andrà avanti, delle conseguenze economiche, delle mutazioni sociali, ecc.

Questo, però, deve ancora avvenire e anche se ce lo auguriamo presto, non abbiamo ricette sicure. Quello che invece è sicuro, è lo smarrimento totale che prende noi uomini del 2000, fiduciosi della scienza e delle capacità umane di risolvere qualsiasi problema, quando un nemico invisibile ci costringe a confrontarci con la nostra precarietà e fragilità. Riaffiorano tutte le nostre paure ancestrali e non sapendo a chi rivolgerci, cerchiamo un aiuto "divino".

Cerchiamo con preghiere, con suppliche qualcuno che ci liberi da questo pericolo; ci affidiamo così ai nostri rabbini, ai nostri preti, affinché ci aiutino e ci diano una risposta confortante. Ogni religione si rivolge al suo Credo ma l'uomo è uguale con i suoi sentimenti in tutte le latitudini.

Tornando all' epidemia, ho ascoltato il 16 marzo scorso, un'interessante lezione del Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni. Ha esordito osservando che sembra di essere tornati, oggigiorno, ai tempi degli uomini primitivi che temevano la natura considerandola ostile, per poi porsi la domanda del perché accadono queste tragedie.

Da sottolineare che nell'ebraismo le epidemie sono sempre state ricordate e raccontate fin dalla storia di Abramo per proseguire poi con le piaghe d'Egitto e tutte le successive.

Tra le interpretazioni o le risposte al perché, vi sono la responsabilità dell'uomo e le sue colpe, quindi D.o interviene per punire l' umanità.

D'altronde le epidemie si sono ripetute e non portano ad una soluzione, ma anzi aumentano le nostre paure perché se fossero punizioni per i malvagi, mi chiedo per quale ragione si puniscano gli innocenti.

Rav. Di Segni spiega che quando D.o si scatena non si distinguono più i buoni dai cattivi, i giusti dai malvagi anche se questo non fa più parte della nostra logica.

Naturalmente il sottoscritto non può accettare una simile spiegazione anche perché tra terremoti, tempeste, inondazioni, esplosioni di vulcani e tanto altro ancora, l' uomo sarebbe sempre punito, sempre con giusti e malvagi insieme. La tradizione, ci viene detto, ci dà le ricette per controllare questi avvenimenti: tefillà (preghiera), zedakà (beneficienza) e teshuvà (pentimento, ritorno alle tradizioni e all'osservanza dei precetti). Da un punto di vista laico ho forti dubbi.Ci viene anche detto che se questi fatti avvengono indipendetemente dal nostro comportamento, sono occasioni e opportunità per cambiare.

Due parole sul come ci si è comportati di fronte a questa epidemia. Da parte dei rabbini italiani c'è stata una grande attenzione verso le disposizioni statali per evitare il contagio: con grande responsabilità sono state limitate le funzioni religiose come matrimoni, funerali, maggiorità e così via e per quanto possibile si è usufruito di piattaforme digitali. Diverso il comportamento degli haredim negli Stati Uniti e in Israele. Solo dopo opportune pressioni si sono chiuse le yeshivot (scuole talmudiche). All'inizio si affermava che annullare lo studio della Torah sarebbe stato più pericoloso del coronavirus.Oppure che la Torah (il Pentateuco, ovvero i primi cinque libri della Bibbia ebraica) sarebbe stata la vera protezione e il mezzo per salvare l'umanità da questa piaga. "Non abbiamo paura, studiamo la Torah, quindi non accadrà" è stato affermato. Naturalmente il contagio iniziale è invece stato ben più diffuso in questi ambienti.

Termino, per ora, citando due frasi. La prima ebraica e la seconda di Papa Francesco in quella sua messa solitaria in San Pietro:

"In ogni nostra situazione della vita,quelle che sembrano difficoltà in realtà sono piani divini, fatti ad hoc per il nostro bene."

"Sappiamo che Tu hai cura di noi "

Se poi le preghiere servono a debellare il virus o a farci sentire tutti affratellati è un'altra cosa.

 

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