La Giornata Europea della Cultura Ebraica da Varsavia e Cracovia a Napoli

Cultura generaleLa Giornata Europea della Cultura Ebraica da Varsavia e Cracovia a Napoli

di Dova Cahan

Quest'anno, la Giornata della Cultura Ebraica con soggetto "Lingue e Dialetti Ebraici" è stata celebrata in diverse date: nelle città dell'Europa dell'Est il 4 Settembre, come d'abitudine la prima domenica del mese, mentre in tutta l'Italia ed altre nazioni europee il 18-20 Settembre.

Il 4 Settembre io mi trovavo a Varsavia, in Polonia, che fu considerata la culla dell'ebraismo ashkenazita e dell’Yiddish per più di mille anni. Lì ho assistito alla commemorazione di una popolazione ebraica di oltre 3 milioni che oggi non esiste più e ad una replica teatrale di una famosa pièce scritta in questa lingua, che fu parlata anche da noi in casa, dai miei genitori, dai miei zii e dai miei nonni.

L’Yiddish, lingua degli Ebrei Askenaziti, è nata intorno al decimo secolo ed il suo termine deriva dal tedesco medioevale “jiddish” ossia "ebraico". Era parlata soprattutto dagli ebrei dell'Europa centrale ed orientale, prima della seconda guerra mondiale in Europa, negli USA, nell'America Meridionale, ossia da una popolazione di circa 11 milioni di cittadini.

In seguito all’adozione dell’ebraico come lingua ufficiale d’Israele, alla Shoah e al divieto del suo uso nell’URSS e in molti Paesi del blocco sovietico (molti scrittori vennero fucilati dal regime comunista), questa lingua rischiò di estinguersi.

Durante il periodo della Shoah, si sviluppò una straordinaria letteratura memorialistica in Yiddish.

Nella Varsavia occupata dai nazisti vi furono importanti documenti storici e letterari in archivi clandestini e nello stesso periodo sorsero scrittori e poeti famosi che hanno prodotto in condizioni estreme e rigide opere di grande drammaticità.

Negli anni 1940 l'Yiddish venne introdotto per la prima volta come materia di studio anche in alcune Università Statunitensi e nel 1952 fu introdotta anche all'Università di Gerusalemme come una seconda lingua, ma oggi è parlata unicamente da 2 milioni di persone e purtroppo il numero tende a diminuire.

Nonostante tutto l'Yiddish continua a mantenere un ruolo importante per l'identità religiosa degli Ashkenaziti e per la trasmissione culturale in ambienti di tradizionalismo rigoroso sempre di origine Ashkenazita sia in Israele che negli Usa e nei Paesi dell'ex Unione Sovietica. Da ricordare la musica Yiddish, forse meglio conosciuta come musica Klezmer, originariamente suonata da piccole bande soprattutto per ballare nelle feste e negli eventi familiari e rituali, come nascite, matrimoni e così via.

Contiene elementi di folclore tedesco, polacco, ungherese e romeno, oltre naturalmente ad antichi canti e preghiere ebraiche e il suo centro principale è a Cracovia.

Famoso è anche l'umorismo delle novelle e dei romanzi scritti in Yiddish in cui viene ben raccontata la vita che si svolgeva nei piccoli villaggi detti "Shteitel", villaggi dove viveva una grande maggioranza degli ebrei dell'Europa orientale e di quelli che vi arrivavano dalle grandi città per sfuggire alle persecuzioni antisemite.

L'Yiddish ritrova la sua espressione non solo nella produzione poetica e teatrale ma anche nella pittura, il cui più famoso esponente è Marc Chagall. Anch’egli, con i suoi pennelli e i suoi colori, ha ben illustrato la tipica famiglia ebraica, il suo villaggio natale e la vita degli Shtetel più remoti.

Terminato il mio viaggio in Polonia mi sono recata a Napoli dove il 15 Settembre avevo la presentazione del mio libro "Un Askenazita tra Romania ed Eritrea" GDS Edizioni, organizzata dall'Associazione Italia-Israele, assieme alle Associazioni Culturali "Rosa Bianca" "Donne a Testa Alta" ed altre.

Per meglio mettere in risalto l'importanza della lingua Yiddish a casa nostra riporto alcuni frammenti dal mio libro.

A pagina 84 scrivo "La differenza di età tra me e mia sorella Lisa era solo di un anno e due mesi, e si può dire che siamo state cresciute assieme: inseparabili fin dall'asilo inglese, e nello stesso banco quando arrivò

il tempo delle elementari. Forse farci frequentare assieme la scuola è dipeso dal fatto che il nostro scarso livello di padronanza dell'italiano era simile. L'italiano, come l'inglese, erano lingue secondarie a casa,

dove avevamo sempre parlato romeno con i genitori e con nonna Vittoria, o Yiddish, sopratutto con zio Boris."

A pagina 85 continuo: "Mamma Ester, semplice e modesta, per noi era ed è rimasta la tipica Yiddishe Mame, come quella della famosissima canzone Yiddish che era tra le sue preferite. Nel testo mamma riconosceva sua madre

Sabina, con la quale parlava solo Yiddish. Mamma canterellava spesso quei versi, forse per nostalgia: Ah! Yiddishe mame, mi manchi piu' che mai.........Io per conto mio ci ho sempre riconosciuto mia mamma."

Alla fine della pagina scrivo: "Lo Yiddish, che capivamo già da bambine, ci riporta sempre ai nostri genitori.

Papà ci raccontava in quella lingua barzellette che avevano sempre una morale profonda e molto ebraica."

Per concludere a pagina 87 scrivo: "Dopo il trasferimento in Israele tante cose sono divenute più concrete, e ne scrivevamo nelle nostre tante lettere. Papà, che soffriva di nostalgia per la nostra lontananza, ci chiamava "Papirene Kindern", "Figlie di Carta", come il titolo della poesia Yiddish:

'Mia mamma mi ha scritto una lettera: 'Jankale, figlio mio, hai Dio nel cuore. Tu sei il maggiore dei miei quattro figli. Vedo te con tutti gli altri e questo allevia il mio dolore......E' triste essere sola e il mio cuore anela per voi. Ma avete dimenticato la mamma. Ora prego Dio che vi perdoni. Una cosa però figli miei, dovete Quando morirò, prima o poi, ricordate la mamma, e dite il Kaddish in suo ricordo...'" Quando papà veniva in Israele io mi lamentavo con lui della lontananza e della nostalgia. In molte lettere sottolineava che era lui ad essere preso dalla nostalgia per noi figlie: "Dobbiamo continuare a scriverci lettere e tenerci in contatto. VoVoi ad Asmara non avete ragione di tornare e nulla da rimpiangere..." Concludo sperando che il mio messaggio sulla lingua Yiddish come elemento importante e fondamentale della mia vita sia stato percepito dal pubblico. Per me, che ho vissuto per 27 anni all?Asmara, in Eritrea, in una società ebraica sefardita e arabofona che aveva usi e costumi diversi dai nostri, ha richiesto un grande spirito di adattamento che ci ha portato ad integrarci e ad apprezzare ciò che avevamo in comune, ovvero la fede religiosa e l?appartenenza ad un popolo plurimillenario. Un?identità forte che ci ha indotto, in seguito alla caduta dell?impero etiope, a trasferirci e vivere in piena libertà in Israele.

2 commenti 

  • da La Redazione di Ebraismo e Dintorni L'ultima parte dell'articolo:

    ?Dobbiamo continuare a scriverci lettere e tenerci in contatto. Voi ad Asmara non avete ragione di tornare e nulla da rimpiangere..."
    Concludo sperando che il mio messaggio sulla lingua Yiddish come elemento importante e fondamentale della mia vita sia stato percepito dal pubblico. Per me, che ho vissuto per 27 anni all?Asmara, in Eritrea, in una società ebraica sefardita e arabofona che aveva usi e costumi diversi dai nostri, ha richiesto un grande spirito di adattamento che ci ha portato ad integrarci e ad apprezzare ciò che avevamo in comune, ovvero la fede religiosa e l?appartenenza ad un popolo plurimillenario. Un?identità forte che ci ha indotto, in seguito alla caduta dell?impero etiope, a trasferirci e vivere in piena libertà in Israele.
  • da Dova Cahan... Grazie, Toda Raba e Shana Tova a tutti voi

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