Batsheva Dance Company, un successo al Teatro Regio di Torino

ArteBatsheva Dance Company, un successo al Teatro Regio di Torino

di Alessandra Boga

La celeberrima compagnia israeliana di danza contemporanea fondata nel 1964 dalla grande coreografa statunitense e “madre della danza moderna” Martha Graham e dalla baronessa Batsheva De Rothschild, filantropa e mecenate della danza, ha inaugurato nella serata di martedì 6 settembre con uno spettacolo intitolato “TRE”, il Festival Torino Danza al Teatro Regio del capoluogo piemontese riscuotendo uno straordinario successo.

Una folla enorme di spettatori, dopo lunghe code all’ingresso e alle biglietterie, ha assistito allo spettacolo con le coreografie di Ohad Naharin – nato in un kibbutz israeliano e scelto personalmente da Martha Graham per  la sua compagnia lo stesso anno in cui la fondò – facendo il tutto esaurito. In sala c’erano anche  il neo assessore alla Cultura del Comune di Torino, Francesca Leon, famosi coreografi come Susanna Egri e Loredana Furno, il vicepresidente UCEI Giulio Disegni, il presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni.

Purtroppo, come era successo con l’esibizione della Batsheva Dance Company al Teatro Regio di Torino nel 2012, all’ esterno c’erano i (pochi) “soliti” contestatori pro-pal con striscioni recanti la scritta “Boycott Bersheva” –  sull’onda dell’inflazionato slogan “Boycott Israel” usato per le merci israeliane – ed il compositore britannico Brian Eno ha negato attraverso una lettera l’autorizzazione al fatto che la sua musica venisse impiegata  per  lo spettacolo in quanto a suo dire “il governo israeliano utilizza l’arte per promuovere il Brand Israele e distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi” –  ma l’esibizione si è svolta regolarmente. Un’esibizione che , come ha scritto Gigi Cristoforetti, Direttore Artistico del Torino Danza Festival, nella presentazione del programma 2016, era di  “una  lancinante bellezza estetica” ed era  “una risposta d’artista alle contraddizioni di un pezzo di mondo straziato da dolori politici, umani, sociali. E per certi versi vicino a noi, più di quanto pensiamo”. Lo stesso Cristoforetti si chiedeva se ci sarebbero stati inviti a l boicottaggio come nel 2012, ma era convinto “che – nell’ambito della libertà di espressione – l’arte abbia un posto speciale”.

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